mercoledì 13 novembre 2013

Una definizione di disturbo... grazie a Perls!


L'omeostasi, il sottile meccanismo dell'organismo che si autoregola e si autocontrolla, è sostituita da una sovrapposta follia di controllo estrema che indebolisce la capacità di sopravvivenza della persona e della specie”. Da questa posizione deriva il corollario per il quale l’essenza dell’intervento terapeutico sta nel prendere coscienza dei meccanismi di auto-interruzione che impediscono al principio autoregolativo di svolgere il suo compito evolutivo. (R.Zerbetto)

sabato 26 ottobre 2013

FIORI DI BACH PER IL MAL D'AMORE

I Fiori di Bach mi appassionano ogni giorno di più, e incrociando le loro proprietà con le capacità psicoterapeutiche è possibile trovare dei mix formidabili!
Poco tempo fa ho pensato, per una persona a me cara, una composizione di Fiori di Bach, per il cosiddetto Mal d'Amore. Ed ho pensato di rendere pubblica la lista.
Certo è che i fiori non si possono generalizzare a tutti i casi, ma alcuni potrebbero esservi di grande aiuto!


  • Elm, per la sensazione di fallimento;
  • Star of Bethelhem, per il trauma d'amore che subiamo;
  • Olive, per la stanchezza mentale;
  • Heather, per il bisogno di amore e di sentirsi considerati;
  • White Chestnut, per l'insomnia per i troppi pensieri

Per qualsiasi consulenza, rimango a disposizione.


mercoledì 23 ottobre 2013

IL MENTAL TRAINING NELLO SPORT



Il Mental trainer sportivo applica le conoscenze della psicologia dello sport e contribuisce al raggiungimento di grandi obiettivi. Esistono caratteristiche psico-fisiche che facilitano il successo di un atleta o di un’intera squadra, come il dialogo interno, che è uno dei fattori determinanti per un buon risultato. I pensieri devono essere positivi e ricchi di fiducia verso le proprie abilità fisiche e mentali. Il Mental Training è l’allenamento delle principali strategie e capacità più importanti, grazie alle quali l’atleta riesce a raggiungere i propri traguardi.
Gli obiettivi inoltre, devono essere suddivisi in sub-obiettivi a breve, medio e lungo termine; saranno obiettivi difficili ma raggiungibili, che puntano al miglioramento della prestazione atletica.
Il lavoro con l’atleta è svolto sia a livello teorico che a livello pratico, attraverso esercizi di rilassamento e visualizzazione, con tecniche provenienti dalla Mindfulness, per permettere all’atleta di raggiungere una maggior consapevolezza di se stesso. Infatti, la capacità di visualizzazione (attraverso il rilassamento) diventa parte integrante dell’allenamento, andando a stimolare la polisensorialità, e creando un maggior coinvolgimento emozionale e cognitivo dello sportivo.
Una novità, rispetto ai soliti training per gli sportivi, sono l’utilizzo da parte della psicologa, delle tecniche di EMDR (desensibilizzazione e rielaborazione attraverso il movimento oculare) per riprendersi dagli shock subiti con gli infortuni; e l’EFT (Emotional Freedom Techinc) per aiutare l’atleta a sciogliere emozioni negative, quali ansia e stress, e ritrovare il benessere psico-fisico.

PRATICA DI CONSAPEVOLEZZA: LA MINDFULNESS


“Apprendere significa scoprire che cosa è possibile”, F.Perls, 1977.

In gruppo o in seduta individuale, è possibile imparare tecniche di rilassamento utili per raggiungere un profondo stato di consapevolezza del proprio corpo e della propria mente. Un momento per praticare con intenzione una modalità di “essere attenti”, con la mente e con il corpo, nelqui ed ora, grazie ad un’attività a noi nota: il respiro.
Attraverso il respiro si riesce a riportare la propria attenzione al proprio corpo, alle proprie emozioni e sensazioni; imparare ad essere più consapevoli di se stessi, ed esercitare un miglior controllo sui propri impulsi; integrare le proprie parti del sé.
Le tecniche di rilassamento, provenienti dalle pratiche della Mindfulness, aiutano a recuperare il benessere psico-fisico, imparando a schiacciare il tasto “pausa”, per non continuare a riproporre azioni che ci fanno stare male, portandoci a vivere in modo non autentico.
Le sessioni di rilassamento, possono essere attive, attraverso esercizi che permettono di scaricare frustrazione, rabbia, ansia e stress; oppure praticate in stato di quiete.
La dott.ssa Elena Vlacos, psicologa e psicoterapeuta in formazione, guiderà le sedute grazie all’esperienza acquisita negli anni di pratica di diverse meditazioni.

lunedì 21 ottobre 2013

L'ELABORAZIONE DEL TRAUMA CHE GENERA ANSIA.




Gli eventi che viviamo nella vita quotidiana hanno impatti diversi sullo stato emotivo della persona: alcuni eventi ci fanno sentire felici, altri ci lasciano indifferenti, altri ancora ci fanno vivere un cambiamento negativo dello stato emotivo.
La persona può essere o non essere consapevole di aver vissuto un trauma, e cominciare a vivere di conseguenza alcune situazioni con ansia, perché si è creato un conflitto interno, che non sa risolvere; e tale stato di ansia (generalizzato o specifico) non dipenderà tanto dalla situazione vissuta, ma dal valore che la persona attribuisce ad esso e dal conflitto che comincia a generarsi al suo interno.
A livello neurofisiologico il cervello, quando vive un’esperienza, invia gli stimoli ad un’area interna chiamata talamo; questo è connesso con due altre aree: da una parte invia le informazioni alla corteccia, dandoci informazioni cognitive (il pensiero), dall'altra al sistema limbico, che contiene l'amigdala (sede delle emozioni), e che influenza le reazioni legate agli istinti di sopravvivenza. Per esempio, se nella stanza dove vi trovate entra un leone, nessuno si farà domande del tipo “come mai è entrato un leone?”, “Avrà fame?”, “Che intenzioni ha?”; ma chiunque avrà due tipi di reazioni legate alla fuga o al congelamento. Questo avviene grazie all’amigdala, che fa riconoscere alla persona che sta vivendo una situazione di pericolo, e la fa reagire istintivamente senza lasciare tempo al pensiero, perchè le informazioni che il talamo invia al sistema limbico sono molto più veloci di quelle inviate alla corteccia, permettendo alla persona di salvarsi.
Quando però il trauma è molto grande, il sistema limbico, che è connesso a sua volta con la corteccia, interrompe questo collegamento, creando nella persona un’amnesia legata all’evento. Quanti di voi per esempio, dopo una situazione scioccante, ha dichiarato di non ricordare più niente, e di vivere solo una gran confusione?
Proprio per questa gran confusione si arriva dallo psicoterapeuta, chiedendo di voler far luce sulla propria vita, perchè qualcosa si è inceppato, e si ha la sensazione di non aver più il controllo su alcuni aspetti del proprio sé.
Penso che non solo i traumi grandi (quelli con la T maiuscola per l’EMDR), che creano amnesia e confusione, ma anche quelli più lievi (con la t minuscola), possano dare un quadro sintomatologico legato al disturbo d’ansia (generalizzato o specifico), quando non si diagnostica un disturbo post traumatico da stress (DPTS); in questo caso il disturbo è spesso lontano dall’evento traumatico, e quindi diventa difficilmente rintracciabile senza l’aiuto di un esperto.

La psicoterapia.
L’intervento psicoterapeutico che ha maggior efficacia, è sicuramente un trattamento che unisce all’analisi del racconto, un lavoro psico-corporeo, ricordando che l’emozione è un evento psicosomatico per eccellenza in cui le sensazioni corporee incontrano il pensiero (rispecchiando la concezione che unisce la sfera corporea a quella mentale).
Le tecniche e gli approcci da utilizzare, per dare sollievo al disagio emotivo che la persona vive dopo una situazione problematica sono diverse:
-       Esercizi di Bioenergetica (esercizi ideati da Lowen, psicoterapeuta statunitense, che liberano il corpo dai sintomi psicosomatici che ci creiamo attraverso ansia, stress, depressione ed altri disagi emozionali);
-       EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing, che aiuta la persona a rielaborare il trauma, utilizzata in gran parte nella psicoterapia dell’emergenza);
-       EFT (Emotional Freedom Technic, che attraverso la stimolazione dei principali meridiani energetici del corpo, permette di liberarsi da stati emotivi negativi);
-       PNL (Programmazione NeuroLinguistica, che utilizza tecniche per desensibilizzare dalle emozioni negative);
-       Continuum di Consapevolezza (tecnica di terapia della Gestalt di Naranjo, psichiatra e psicoterapeuta cileno, che permette di focalizzare la propria attenzione sulla parte del corpo dove si localizza il disagio psicosomatico);
-       Mindfulness (MBSR, Mindulness Based Stress Reduction,del prof. Kabat Zinn, che unisce diverse pratiche occidentali ed orientali, volte all’allenamento dell’attenzione interna ed esterna per aumentare lo stato di consapevolezza individuale);
-       Monodramma (tecnica della psicoterapia della Gestalt, che aiuta la persona a comprendere meglio le parti di sé che le provocano conflitto e disagio)

Sicuramente la scelta di uno o dell’altro intervento, è a discrezione dello specialista in psicoterapia, che avrà accuratamente analizzato la situazione attraverso il colloquio clinico col paziente.
Oltre agli interventi citati, credo possa essere di grande aiuto individuare e selezionare una composizione di Fiori di Bach, che possono dare sollievo alla persona, aiutandola a sentirsi meglio, durante il percorso psicoterapeutico.
Per quanto riguarda invece gli psicofarmaci, credo che siano indispensabili solo quando il disagio è tanto grave da ridurre la persona a non essere più autosufficiente; i farmaci assunti senza l’intervento di una psicoterapia risultano inefficaci, perché riducono il/i sintomo/i, senza risolvere la causa del disagio psicologico, che permane latente, e che continua ad esistere se non risolto attraverso lo sviluppo di una consapevolezza individuale.






sabato 30 marzo 2013


« La salute è il nostro patrimonio, un nostro diritto. È la completa e armonica unione di anima, mente e corpo; non è un ideale così difficile da raggiungere, ma qualcosa di facile e naturale che molti di noi hanno trascurato »
(Edward Bach)

venerdì 29 marzo 2013

DEFICIT DI ATTENZIONE E IPERATTIVITÀ': ADHD E FIORI DI BACH

Occupandomi da qualche tempo ormai dei genitori di bambini con ADHD, mi sono chiesta se esistessero rimedi naturali nei confronti di questo disturbo.

Ho trovato un sito molto interessante, di un chiropratico di Losanna (CH), e potete visitarlo cliccando qui sotto:

http://unritalinsolution.com/

Qui sono elencati diversi rimedi e terapie naturali:

http://unritalinsolution.com/natural_remedies_for_adhd

La mia esperienza sui fiori di Bach mi ha inoltre spinta a creare un composto di fiori adatto a chi soffre di caratteristiche come l'iperattività, la disattenzione e l'aggressività.
Servendomi del sito sopra citato, riporto in italiano i fiori che propone in lingua inglese.


  • Aspen – per nervosismo, ansia paure con origine indefinita
  • Cherry Plum – per pernsieri irrazionali e comportamenti impulsivi associali alla paura della perdita di controllo
  • Chestnut bud – per l'incapacità di apprendere dagli errori passati e dalle esperienze
  • Clematis – mancanza di concentrazione per disattenzione
  • Heather – loquacità eccessiva, solitudine che si evita
  • Impatiens – irritabilità, impazienza
  • Mimulus – timidezza, paura e/o ansia per oggetti o eventi definiti 
  • Mustard – cambiamenti d'umore repentini
  • Scleranthus – indecisione
  • Vervain – aggressività dovuta all'impulsività, testardaggine a fare le cose nel proprio modo
  • White chestnut – preoccupazioni persistenti e pensieri che non si desiderano 

Inoltre, segnalo uno studio pubblicato su PubMed sulla Mindfulness e l'ADHD:


La Mindfulness è una tecnica utilizzata in alcune terapie (tra cui la psicoterapia della Gestalt), che permette di sviluppare la concentrazione su se stessi attraverso il lavoro sul respiro. Gli esercizi di Mindfulness (che dall'inglese significa "consapevolezza"), aiutano ad aumentare la consapevolezza di noi stessi, anche in una persona affetta da ADHD.



giovedì 10 gennaio 2013

TERAPIA DI COPPIA. UNA VISIONE GESTALTICA.


LA TERAPIA DI COPPIA DAL PUNTO DI VISTA GESTALTICO.

Cos’è la terapia di coppia?
Questo tipo di terapia nasce per aiutare quelle coppie che non godono di una relazione soddisfacente e che desiderano migliorare la loro condizione, e vogliono vivere meglio la coppia. A volte, solo uno dei due partner ripone speranza nella terapia, mentre l’altro arriva in sessione “obbligato” o condizionato dalla possibile rottura della relazione. Normalmente la motivazione è alta nel voler migliorare, invece di lasciarsi andare davanti alle difficoltà e perdere ogni speranza, abbandonandosi all’inevitabile destino.
Anche se c’è da considerare la possibilità di dividersi, attraverso la terapia di coppia, si può trovare il modo di affrontare la rottura in modo sano e meno dispendioso in termini di emozioni che portano a soffrire e a provare rabbia e rancore (sentimenti che ci porteremo dietro per diverso tempo e che potrebbero inquinare le future relazioni).

Il terapeuta.

Il lavoro del terapeuta è quello di aiutare a scoprire o a chiarire cos’è che non funziona, offrendo una visione della relazione dal punto di vista della propria esperienza e formazione.
Il terapeuta stesso ha sperimentato tale processo di sofferenza e di lavoro su se stesso, per trovare ciò che manca, e cercare ciò che si può fare per migliorare se stessi e la relazione.

Il problema della coppia.

Oggigiorno le coppie incontrano ostacoli che vivono come problematici, tanto da portare i due partner alla rottura: dai rapporti sessuali insoddisfacenti, alla gestione economica errata, all’educazione dei figli non condivisa, ecc.. Senza dubbio la coppia incontra il terapeuta portando motivi diversi, ma la maggior parte delle persone arriva perché il proprio partner non si comporta come vorrebbe per farla sentire bene: lamentele e rimproveri verso l’altro, che a lungo andare impoveriscono i sentimenti di unione, e rendono sempre più complicata la relazione. In questo modo i partner cominciano a spostare il centro della propria attenzione, da se stessi all’altro, cominciando a notare ogni singolo difetto che lentamente si ingigantisce, come se lo si vedesse sotto una lente di ingrandimento. E così la relazione non è più soddisfacente, tutto diventa pesante, tutto è un obbligo, e ciò che prima poteva essere piacevole diventa fonte di sofferenza.
Da tolleranti i partner diventano completamente intolleranti l’uno nei confronti dell’altro.
E così si sentono in trappola, dentro ad un tunnel buio dal quale non riescono più ad uscirne con le loro proprie forze. Ecco che quindi entra in gioco il terapeuta, che non conoscendo nessuno dei due, compie una funzione di mediatore imparziale ed obiettivo.
Alla base di questa insoddisfazione c’è l’incapacità di veder soddisfatte nell’altro le prorpie aspettative, perdendo la consapevolezza che l’altra persona non può essere fatta “su misura”, secondo i nostri desideri.

La terapia.

Attraverso un percorso che il terapeuta di orientamento gestaltico propone alla coppia, i due partner prendono lentamente consapevolezza del fatto che l’altro non esiste per soddisfare ogni sua aspettativa. Le relazioni devono basarsi sull’accettazione dell’altro per com’è veramente, cercando quello che li unisce e non quello che li separa, senza troppe esigenze, perché una relazione si sostiene sulla libertà e su ciò che entrambi possono dare all’altro.
Attraverso la terapia della Gestalt ci facciamo carico del significato della nostra esperienza, e troviamo la forza di non lasciare più tutto il peso sulla nostra relazione di coppia, dove crediamo abbia origine il nostro malessere, piuttosto di considerare una insoddisfazione propria. Il mio lavoro è dunque quello di aiutare a capire tale visione infantile, dove la responsabilità della mia felicità o della mia sofferenza è dell’altro e non è la mia.
Essere adulti non significa aspettarsi che qualcuno debba soddisfare i miei bisogni, bensì che ognuno di noi si senta responsabile di se stesso e che può raggiungere tale soddisfazione in modo naturale, senza sentirsi obbligato.

Immaturità emotiva.

Arriviamo all’età matura che ci sentiamo “capaci” in distinti campi (lavoro, relazioni con la famiglia d’origine, hobbies, sport, ecc.), però molto spesso restiamo immaturi nella dinamica della relazione di coppia, sebbene abbiamo già avuto diverse esperienze alle spalle (belle e brutte che siano). Chi non ha detto al proprio partner almeno una volta: “devi essere così....!”, “non fare questo!”, “hai visto che non hai fatto quest’altro?”...  Ma dobbiamo capire e comprendere profondamente che la nostra vita non si basa sul comportamento dell’altro, perché altrimenti staremmo  vivendo un’eccessiva dipendenza. Ecco perché è necessario “coltivare” la maturazione della persona in tutti gli ambiti, ed essere in grado di trovare soluzioni ai nostri problemi da soli anche nell’area della nostra relazione di coppia.

Intelligenza emotiva.

Ultimamente si parla sempre di più di “Intelligenza emotiva”, proprio come la capacità di riconoscere, utilizzare, comprendere e gestire in modo consapevole le emozioni proprie ed altrui. Una buona terapia può essere trasformatrice per chi la intraprende, imparando a vedere la coppia in un nuovo modo, guadagnando in qualità. Se ci facciamo carico delle nostre emozioni senza cercare scuse, potremmo ottenere maggior senso di libertà e indipendenza, migliorando la nostra relazione col nostro partner. Questa nuova modalità sarà soddisfattoria per noi, e i nostri figli impareranno dalla relazione dei propri genitori e la ripeteranno in futuro (proprio come abbiamo fatto noi, osservando i nostri genitori).
L’importante è rendersi conto che la maggior difficoltà risiede in noi stessi, e non nell’altro.